I trend della Mixology: meno alcool, più foodpairing e attenzione al cliente

 I trend della Mixology: meno alcool, più foodpairing e attenzione al cliente

Drink a bassa gradazione alcolica, esperienze coinvolgenti e immersive e abbinamenti con il food. Sono questi, in generale, i trend emergenti nel mondo della mixology a detta dei protagonisti del settore incontrati in questi giorni in occasione della premiazione dei World’s 50 Best Bars, a Madrid e del World Cocktail Championship, il campionato mondiale Iba, a Madeira. Ma ci sono delle differenze.

Cocktail, sempre più low alcool

Sicuramente il low alcool funziona. Non a caso, anche fra i drink in gara al Wcc ce n’erano molti dalla gradazione piuttosto contenuta“, osserva il bartender veneto Mauro Suman, campione italiano Aibes che quest’anno ha rappresentato l’Italia al mondiale Iba nella categoria Classic. Sulla stessa linea Andrea Pace, senior bartender del Drink Kong di Roma, anche quest’anno miglior cocktail bar italiano nella classifica dei 50 Best Bars (al 33mo posto): “Possiamo dire di essere stati fra i precursori di questa tendenza. Tra i cavalli di battaglia del Drink Kong, già dal 2020, c’è il Gariboldi, un twist a bassa gradazione del classico Garibaldi“. Del resto, i cocktail “low ABV” conquistano un pubblico trasversale, come osserva Luca Manni, bar manager a Firenze di Giacosa, Move On, Caffè Gilli e Paszkowski: Non sono più un fenomeno limitato a chi è particolarmente attento alla linea o a uno stile di vita salutare, ma coinvolgono una clientela sempre più ampia. Dai giovani che si avvicinano al mondo della miscelazione, fino alle persone di fede musulmana”.

Proprio dai giovani sembra arrivare negli ultimi tempi il maggiore boom di richieste di drink poco – se non per nulla – alcolici: “I ragazzi, oggi, hanno accesso a innumerevoli fonti di informazione e sono ben consapevoli dei rischi legati all’alcool“, sostiene Luca Hu, titolare con il fratello di alcuni fra i più importanti locali milanesi (Bob, The Chinese Box, Agua Sancta) e del laboratorio Percento Lab. “Risultato: in un locale high volume come il Chinese Box, i drink a bassa gradazione valgono almeno il 30% del fatturato. Soprattutto sotto forma di Spritz.

Regione che vai, tendenze che trovi

È pur vero che i trend seguiti dai giovani sono spesso mutevoli e non sempre omogenei, nemmeno all’interno dello stesso Paese, tanto che Mauro Suman riporta un’esperienza decisamente diversa: “Nella zona di Chioggia, fra la laguna veneta e l’Adriatico, dove lavoro attualmente come freelance, i ragazzi fra i 18 e i 25 anni spesso chiedono drink troppo forti e che non conoscono, solo per inseguire l’eccesso“.

Una cosa, comunque, è certa: quella del low alcool è una tendenza tutt’altro che passeggera, ma che anzi sta crescendo a livello globale. Anche in Asia, negli ultimi anni al centro dell’attenzione (e degli investimenti) dell’industria dell’ospitalità e del food & beverage: “Ce li chiedono sempre di più, anche se il prezzo è lo stesso, o quasi, di un cocktail ad alta gradazione”, racconta Frederick Ma, da Macao, nuovo campione del mondo Iba (categoria Classic) e master mixologist del Mesa by José Avillez, ristorante bar all’interno del lussuoso hotel Karl Lagerfeld Macau.

Ospitalità: attenzione al cliente e abbinamenti fra drink e food

Dopo anni di protagonismo assoluto dei bartender e delle loro creazioni, oggi si tende a riportare il cliente al centro dell’attenzione, focalizzandosi sulle sue specifiche esigenze e preferenze e “coccolandolo” al di là del drink o del piatto che ha ordinato. “Sono sempre più apprezzati quei locali dove si sta bene’”, riflette Luca Manni, “quelli in cui, oltre alla qualità del bere e mangiare, il cliente si sente al centro dell’attenzione per l’ambiente, il servizio, la cura nei dettagli”.

Sempre nell’ottica di coinvolgere il cliente a 360 gradi, molte insegne puntano a offrire esperienze immersive e fuori dall’ordinario, che le distinguano dalla concorrenza e possano lasciare qualcosa di memorabile nei ricordi dei visitatori. Ne è un esempio la sala giapponese del Drink Kong: “Pensata per eventi privati e masterclass, all’occorrenza può essere allestita per eventi che coinvolgano il pubblico, in collaborazione con le aziende”, specifica Andrea Pace. Più cauto Luca Manni: “Iniziative del genere possono essere esperienze fighissime, però sono un ‘di più’, non rappresentano il vero bar”.

Infine, il food è imprescindible anche per i cocktail bar: “Il food è una leva importante per vendere i cocktail”, ribadisce Andrea Pace: “E infatti, al Drink Kong, abbiamo ampliato il menù food puntando l’attenzione al dialogo fra bancone e cucina, con tanti abbinamenti fra piatti e drink”.

 

Testo a cura di Nicole Cavazzuti

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Nicole Cavazzuti

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