Low sugar, low alcol e mocktail: ecco i trend della mixology in Asia
La scena della mixology vira verso l’Asia e punta su un mix di creatività, cultura locale e innovazione responsabile. Ne abbiamo parlato con Shuto Yokota, bartender di origine giapponese ma residente a Singapore, dove ha vinto i campionati nazionali nel 2023 e dove lavora come assistant bar manager al lussuoso e celebre Marina Bay Sands Resort.
“I clienti vogliono cocktail signature per scoprire nuove esperienze,” afferma Yokota. “Sempre più spesso chiedono drink con poco alcol o addirittura analcolici, e con un basso contenuto di zucchero.”
Le nuove capitali della mixology: Giappone e Singapore.
Se Macao da poco ha attirato l’attenzione dei media con la vittoria del bartender Frederick Ma al WCC24 di Madeira, il vero cuore della mixology asiatica risiede in Giappone e Singapore dove la cultura del bere combina il rispetto per la tradizione con la ricerca costante di nuove frontiere nei sapori. Shuto Yokota, che negli anni ha gareggiato sia nella categoria “Flair” che nella “Classic”, incarna questa versatilità e innovazione che unisce la continua sperimentazione con il desiderio di offrire qualcosa di unico.
Tendenze di Mixology nel 2024: Meno Alcol e Zuccheri.
Uno dei principali trend che Yokota ha notato sia in Asia che in Occidente è la crescente richiesta di cocktail con basso contenuto alcolico o addirittura analcolici.
“Oggi disponiamo di un’ampia gamma di prodotti per preparare cocktail con diverse gradazioni alcoliche,” spiega. “Ad esempio, uno Spritz può essere personalizzato con Campari o Aperol, a seconda delle preferenze del cliente. Inoltre, molti chiedono drink senza alcol o con meno zucchero.”
Ce ne aveva parlato Dom Costa, tre anni fa. A un evento con ospiti americani aveva servito soprattutto tequila e soda. “Lo chiedevano perché ha meno calorie di altri drink, non perché gli piacesse il gusto!”, aveva osservato. Questa tendenza al “low sugar” ha quindi già qualche anno negli Stati Uniti e c’è da aspettarsi arrivi anche da noi.
L’intervista a Shuto Yokota
Al Wcc 2024 ha gareggiato nella categoria Flair, dopo avere preso parte un anno fa alla competition Classic: che cosa ti ha spinto a questo cambio di specialità?
Il fatto di essere capace di fare entrambe le cose. Credo che un bartender debba sapere fare tutto, dalla miscelazione classica al flair. E io volevo dimostrarlo.
Perché è importante, per te, partecipare a una competizione come il Wcc?
Ha un grande ritorno a livello di crescita personale. Quello del bartending è un ambito ristretto e una competizione internazionale come il Wcc Iba consente di stringere relazioni al di fuori del proprio Paese, di scambiare idee, di cogliere nuovi trend.
Ecco… parliamo di trend nella mixology: in Occidente cresce la richiesta di cocktail low alcohol. E nell’est asiatico?
I clienti li chiedono anche da noi. E oggi abbiamo a disposizione una varietà di prodotti per realizzare cocktail con diverse gradazioni alcoliche. Per fare un semplice esempio, uno Spritz può essere preparato con il Campari o con l’Aperol, in base a cosa vuole il cliente. Inoltre, molti ci chiedono drink zero alcool o a basso contenuto di zuccheri, altra tendenza in forte ascesa.
A Singapore lavori in una struttura frequentata da una clientela internazionale: quali sono i cocktail più richiesti?
In generale i clienti sono interessati a provare i signature cocktail di ogni locale: fa parte del concetto di “esperienza” che oggi molte persone cercano in un bar. E infatti, a Singapore, quasi tutti i bar propongono dei signature, basati su una varietà di distillati. E poi, i twist on classic.
Per fare buoni signature bisogna conoscere bene tecniche e materie prime: quanto sono importanti le scuole di formazione per emergere nella mixology?
Dipende. Io personalmente ho iniziato direttamente a lavorare nei bar a 18 anni, non ho frequentato alcuna scuola specifica. Ma in molti casi una scuola di formazione può essere importante per capire in quale direzione concentrare le proprie energie. Ognuno deve individuare la propria strada, ma lo studio è importante, al di là della scuola.
Che cosa suggeriresti, quindi, a un giovane che volesse emergere come bartender?
In base alla mia esperienza, che mi ha portato a conquistare per due anni il titolo di campione di Singapore, posso suggerire di dedicarsi a questa professione con la massima passione ed energia. Se c’è la passione potrai emergere, se non c’è, lascia perdere.
Low Sugar: un trend da tenere d’occhio.
Se la tendenza del no alcol, in mixology, è in crescita ormai da qualche anno, anche quella del “low sugar” non è una novità assoluta. Già tre anni fa Dom Costa, uno dei bartender italiani con maggiore esperienza nel mondo, notava che gli americani andavano pazzi per soda e tequila: “Non è il gusto ad attrarre, ma l’idea di assumere poche calorie“, mi aveva spiegato. Considerando come, quasi sempre, le mode degli Stati Uniti arrivino da noi nel giro di qualche anno, può essere un’idea valutare quella di inserire nella drink list una sezione dedicata ai drink con pochi zuccheri, sfruttando l’abbinamento tra soda e bitter, amari o altri spiriti italiani. Una proposta che permetterebbe di raccontare il territorio e di sostenere le piccole e medie produzione locali. E nelle località turistiche si potrebbe anche pensare di mettere in vendita i singoli prodotti a chilometro zero.
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