giovedì, Maggio 22, 2025
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Ospitalità prima di tutto: il Banana Republic e la mixology secondo Bruno Rocco

Nicole Cavazzuti ha intervistato Bruno Rocco, bar manager del Banana Republic di Roma, durante una visita all'azienda Rcr Cristalleria Italiana.

BAR, MIXOLOGY E COCKTAIL – Da oltre trent’anni un punto di riferimento nel cuore di Roma, il Banana Republic è molto più di un cocktail bar: è un luogo dove si respira ospitalità, musica e identità. A raccontarlo è Bruno Rocco, bar manager del locale, che ci accompagna in un viaggio tra i cambiamenti della clientela, il ruolo crescente dei drink analcolici e l’evoluzione del mestiere del bartender. Un’intervista che è anche una riflessione sincera sul presente e sul futuro del mondo del bar.

Bruno Rocco, bar manager di Banana Republic a Roma.

Dal tuo punto di vista, com’è cambiata la clientela negli ultimi anni? Che cosa cerca rispetto al periodo pre-Covid?

Sicuramente la percentuale di persone che bevono alcolici è drasticamente calata: ora la tendenza è più incentrata sull’analcolico, con la moda dei distillati zero e il boom dei soft drink. È anche un fatto generazionale, diversi studi di settore hanno evidenziato come i giovani bevano tendenzialmente sempre meno rispetto a genitori e nonni.

Quanto incidono mocktail e, in generale, drink analcolici sul fatturato del Banana Republic?

In realtà è una percentuale che non abbiamo mai calcolato, ma dovremmo essere attorno al 30%.

Quanti cocktail analcolici avete in lista?

Abbiamo sei proposte, evidenziate in menù come “Fammelo anal” e “Fammelo scarico“: le prime sono basate su succhi di frutta e altre preparazioni analcoliche, le seconde impiegano distillati zero.

Il Banana Republic è stato inaugurato 32 anni fa. Da chi è frequentato?

La nostra è in grandissima parte una clientela abituale. Solo il 15-20% sono turisti.

Ogni quanto tempo cambiate la drink list?

I nostri menù hanno una durata di circa un anno, un anno e mezzo, anche a seconda dei tempi tecnici necessari per rinnovarli.

Una scelta quasi in controtendenza, rispetto a tanti locali che rinnovano il menu anche ogni sei mesi…

È giusto seguire la stagionalità dei prodotti e proporre menù nuovi sulla base degli ingredienti disponibili, però un drink ben strutturato, pensato in funzione di un tema, necessita di tempo per essere sviluppato al meglio.

Come è strutturato l’attuale menù?

Ai nove signature attuali si affiancano 12 drink storici del Banana Republic, gli evergreen che sono quindi altri 12 signature consolidatisi nel tempo.

E i classici?

In menù ne abbiamo indicati alcuni, nella sezione “Li storici che ce piacciono”.

I più richiesti tra i classici?

Il Gin Tonic rappresenta un buon 10% del fatturato. Poi Paloma, Daiquiri, Margarita e Martini Cocktail.

Parliamo di tendenze in fatto di distillati.

Noi siamo un po’ fuori dalle tendenze, perché abbiamo una clientela abituata a bere in un certo modo. Il nostro distillato principe rimane sempre il whisky, scotch whisky, per lo più torbato.

Lo utilizzate anche in miscelazione?

Sì, ad esempio il Penicillin è un cocktail ben richiesto.

Tequila e mezcal vanno?

Il tequila abbastanza, il mezcal è di tendenza solo fra i barman: sono pochissimi i clienti che lo chiedono.

In generale, che cosa cerca il cliente oggi, secondo te?

Ospitalità.

E che cosa significa ospitalità, dal tuo punto di vista?

Ti cito una scena che ho vissuto. Un giorno è entrato un cliente, si è seduto al banco da solo e ha chiesto uno Spritz con poco ghiaccio, fettina di limone e poco prosecco. Quindi, per lo più Campari: tutto sbagliato, dal punto di vista del barman. Paolo Sanna ha eseguito la richiesta senza dire nulla, lo abbiamo servito e lui ci ha ringraziato: “Lo so che lo Spritz non va fatto così… e al bar in genere mi fanno un sacco di storie quando lo chiedo”. Paolo gli ha risposto in modo emblematico: “Io, prima di venirti a rompere er caxxo su come bevi, voglio essere tuo amico”.

C’è stato un po’ troppo protagonismo tra i barman, negli ultimi anni?

Sicuramente. Ed è stata la rovina del settore. Dal 2010, con il boom del Jerry Thomas e la rinascita della cultura del bar, abbiamo vissuto un’epoca in cui internet e social hanno fatto viaggiare tutto a 3000 all’ora: in 15 anni abbiamo attraversato cambiamenti che in passato richiedevano decenni. In questo contesto, si sono formate persone che non avevano le basi dell’ospitalità, prima ancora che del bartending. E questo ha finito per allontanare tante persone dal bancone.

La gente vuole anche divertirsi. Ma come si fa a far divertire la gente al bar?

Ottima domanda. Noi lo facciamo attraverso il mood del locale, dove è tutto “rock and roll”. Il messaggio è: “vieni qua, mettiti seduto, stai tranquillo, rilassati, ci penso io, un buonasera e un ciao”, sempre citando Paolo Sanna. Il cliente sa che, quando viene al Banana Republic, viene a casa. Ma non c’è una unica strada. Funzionano i dj-set e la musica dal vivo, per esempio.

E le guest?

Quelle classiche interessano solo al pubblico di settore. Noi al Banana Republic ospitiamo invece one night orientate alla clientela, non alla comunità dei bartender.

Cosa significa concretamente?

Organizziamo le guest solo nelle serate di venerdì e sabato, quando c’è il massimo afflusso. E poi offriamo un regalo. Per esempio, in occasione della serata targata Hendrick’s Gin abbiamo fatto realizzare 100 magliette in tiratura limitata per Banana Republic, regalate a chi ordinava un drink della lista speciale.

La maglietta tira, quindi?

Sì, sempre. Quella del Banana Republic ancora di più, data la storicità del locale.

Come comunicate le one night?

Soprattutto attraverso i social, gestiti da un’agenzia esterna.

Anche tu sei su Instagram con un profilo personale?

Sì, il mio profilo Instagram è nato dall’esigenza di continuare a comunicare e fare formazione sul mondo del bar. Quando è nata mia figlia e il tempo per lavorare in aula è venuto meno, ho deciso di portare avanti da solo quella stessa attività online. Lo faccio a modo mio: in modo diretto, schietto, senza troppi filtri. Non sono uno con molti peli sulla lingua, e chi mi segue lo sa.

https://www.instagram.com/mixingbruno/

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