Segreti nel bicchiere: che cosa c’è dietro ai nomi dei cinque cocktail italiani più famosi al mondo

 Segreti nel bicchiere: che cosa c’è dietro ai nomi dei cinque cocktail italiani più famosi al mondo

Scopriamo i segreti dietro ai nomi dei cinque cocktail italiani più celebri al mondo, le storie affascinanti di Negroni e Spritz, il legame tra il MI-TO e l’Americano, l’omaggio nazionale del Garibaldi e l’eleganza del Bellini.

NEGRONI

Il nome è quello del suo inventore. E la sua ricetta è semplicissima: tre parti uguali di gin, vermouth e bitter. Il Negroni oggi è il cocktail più bevuto al mondo (secondo Drinks International) ed è l’unico a essere stato inventato non da un bartender ma da un cliente, di cui porta anche il nome. Fu infatti il conte fiorentino Camillo (per l’esattezza Cammillo) Negroni, tra il 1918 e il 1920, a chiedere di modificare il suo Americano alla Drogheria Profumeria Casoni di via Tornabuoni a Firenze, in seguito Caffè Giacosa (riaperto da poco, tra l’altro). Il conte, noto viveur e viaggiatore, abituato ai cocktail degustati negli Stati Uniti, suggerì a Fosco Scarselli (più che un barman, il garzone di bottega del Casoni) di aggiungere del gin, al posto della soda, agli altri due ingredienti dell’Americano (vermouth rosso e bitter Campari). Nonostante la discrezione con cui il conte fece la richiesta, la variante non sfuggì agli altri avventori, tanto che in breve tempo si diffuse in città la moda dell’“Americano alla maniera del conte Negroni”. E presto diventò famoso prima in Italia, e poi nel mondo, semplicemente come Negroni.

MI-TO e AMERICANO

Il Milano-Torino (preparato con due parti uguali di bitter e vermouth, per tradizione Campari e Punt & Mes) è il padre dell’Americano (fatto con vermouth rosso, bitter Campari e soda) e il nonno del Negroni. Pare sia nato a Torino (ma non è sicuro), di certo però il nome (oggi comunemente accorciato in Mi-To) è un richiamo alle origini dei due prodotti usati: il vermouth di Torino e il bitter di Milano.
La sua declinazione in “Americano” è invece strettamente legata alla popolarità del drink tra i turisti del Nord America in visita in Italia tra la fine del 1800 e i primi anni del 1900, che lo chiedevano in genere come da loro usanza con una spruzzata di soda.
Quanto alle origini, molti ritengono che l’Americano sia stato creato intorno al 1860 al Bar Gaspare Campari in piazza del Duomo a Milano, dove i turisti statunitensi chiedevano di aggiungere al Milano-Torino un extra di soda. Meno credibile è la teoria secondo cui il cocktail sarebbe stato inventato negli anni ’30 del ‘900, come parte di una campagna di marketing di Martini & Rossi per promuovere l’esportazione del suo vermouth negli Stati Uniti. Come riporta lo storico Fulvio Piccinino nel suo libro Saperebere, documenti datati 1906 già attestano infatti l’esistenza di un preparato di vermouth al bitter, conosciuto come “Americano”, molto popolare negli USA dove era abitudine mescolare il vermouth con liquori amari e alcolici come gin o whiskey.

Americano del Barba a Milano

SPRITZ

Sono gli austriaci a fine ‘700, ai tempi dell’occupazione del Regno Lombardo Veneto, a inventare lo Spritz, che all’inizio era solo vino e acqua. Per stemperare l’alta gradazione dei bianchi locali, i soldati chiedono di allungarli con uno spritzen, ovvero una “spruzzata” d’acqua. Passerà almeno un secolo prima che acqua e vino si arricchiscano di un bitter. Quando succede, a Venezia si diffonde soprattutto con il Select, a Padova con l’Aperol (nato qui nel 1919). Lo Spritz resta un cocktail local per anni, però. Di fatto, è grazie alla campagna di comunicazione imponente realizzata da Campari per rilanciare Aperol, marchio allora da poco acquistato, che a partire dal 2000 scoppia il boom dell’Aperol Spritz.

Spritz di Fabio Camboni, bar manager di Kasa Incanto di Gaeta

GARIBALDI

Non si sa con precisione quando sia nato il Garibaldi né chi lo abbia creato, ma il suo nome è chiaramente una celebrazione di Giuseppe Garibaldi, il condottiero che unificò l’Italia nella seconda metà del XIX secolo. Il drink, a base di bitter Campari e succo di arancia, si presenta infatti di una tinta rosso acceso che evoca il colore delle uniformi dei Mille partiti da Quarto per la storica missione. Ma non è tutto: è costruito con un ingrediente tipicamente “nordico” (il milanese Campari) e uno meridionale (l’arancia, simbolo della Sicilia) e rappresenta quindi idealmente l’unione dell’Italia anche nel bicchiere.

Garibaldi e Ceviche di avocado Flores Cocteles – credits: questoeilmassimo

BELLINI

Il Bellini è uno dei cocktail più iconici e celebrati della mixology italiana, un drink raffinato e semplice. Il nome è un omaggio a Giovanni Bellini, uno dei più grandi pittori del Rinascimento veneziano. Il cocktail fu inventato negli anni ’40 del XX secolo da Giuseppe Cipriani, il fondatore del famoso Harry’s Bar di Venezia, un locale frequentato tra gli altri da celebrità e intellettuali di tutto il mondo, incluso lo scrittore Ernest Hemingway.
Si dice che Cipriani avesse un debole per l’arte rinascimentale e che il colore rosa tenue del cocktail gli rievocasse le tonalità calde e vivaci presenti nei dipinti di Giovanni Bellini. Ecco perché, parrebbe, decise di battezzare la sua creazione con il nome del pittore, rendendo il Bellini non solo un cocktail ma anche un omaggio alla ricca storia artistica di Venezia. Sparkling drink, si prepara con purea di pesche bianche (pesche fresche schiacciate o frullate) e prosecco.

Bellini di Lorenzo Uberti – foto di Paolo Picciotto

Nicole Cavazzuti

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