sabato, Settembre 13, 2025
HomeCocktailAlexander: il cocktail cremoso che conquista la mixology contemporanea

Alexander: il cocktail cremoso che conquista la mixology contemporanea

Nel panorama dei cocktail classici che stanno vivendo una seconda giovinezza, l’Alexander emerge come una proposta particolarmente interessante per la scena contemporanea. Dolce e cremoso, questo drink si posiziona perfettamente come cocktail da dopocena, quasi trasformandosi in un dessert liquido che intercetta le moderne tendenze del bere consapevole grazie alla sua contenuta gradazione alcolica.

Molto popolare negli anni ’70 e ’80, l’Alexander merita oggi una riscoperta che va oltre la nostalgia, inserendosi perfettamente nei trend attuali della mixology che privilegiano cocktail meno alcolici e dalle caratteristiche sensoriali avvolgenti.

Le origini controverse di un classico

La genesi dell’Alexander risale agli inizi del secolo scorso, periodo in cui, come per quasi tutti i drink dell’epoca, si sono moltiplicate storie e leggende intorno alla sua creazione. Il primo riferimento documentato a una ricetta simile a quella contemporanea appare nel volume del 1914New bartender’s guide. How to mix drinks/The up-to-date bartenders’ guide – 2 Books in one” di Charles S. Mahoney e Harry Montague, dove il cocktail viene presentato a base di gin.

La formulazione con gin trova conferma anche nella pubblicazione del 1915 di Hugo Ensslin nel suo celebre “Recipes for mixed drinks“, consolidando questa come la versione originaria del drink.

Le teorie sulla paternità

Sebbene nessuno dei testi dell’epoca accenni alla paternità del cocktail, diverse fonti attribuiscono la creazione dell’Alexander al barman Troy Alexander del famoso ristorante Rector’s di New York. Secondo questa versione, il drink sarebbe stato concepito per una cena in onore di Phoebe Snow, personaggio di fantasia creato per il lancio dell’omonima compagnia ferroviaria.

Il collegamento appare suggestivo: Phoebe Snow era rappresentata come una giovane newyorkese in viaggio su treno, sempre vestita in abiti bianchi – un’immagine che si riflette nel colore bianco cremoso caratteristico del cocktail.

Una teoria alternativa fa riferimento al giornale di Filadelfia Inquirer del 3 ottobre 1915, che riporta la creazione di un nuovo drink al Racquet Club per celebrare Grover Cleveland Alexander, campione e lanciatore della squadra di baseball locale, durante le World Series di quell’anno.

L’evoluzione: dal gin al brandy

L’evoluzione dell’Alexander presenta sviluppi interessanti documentati nei ricettari successivi. Nel 1922, “Cocktails: how to mix them” di Robert Vermeire menziona un cocktail molto simile proposto dal grande bartender Harry MacElhone al Ciro’s Club di Londra in onore del matrimonio della Principessa Mary, denominato Mary Princess Cocktail.

La svolta decisiva arriva nel 1930 con Harry Craddock e il suo “The Savoy Cocktail Book“, autentica bibbia del bartending. Craddock riporta sia la ricetta originale che una variante denominata Alexander N. 2 (talvolta chiamata Panama), dove il gin viene sostituito dal brandy.

Sarà proprio quest’ultima versione a diffondersi globalmente negli anni successivi, spesso identificata come Brandy Alexander per distinguerla dalla formulazione originale con gin.

Il riconoscimento ufficiale IBA

A testimonianza della sua rilevanza storica, l’Alexander fa parte del “club” dei cocktail sempre presenti nella lista ufficiale dell’International Bartenders Association (IBA) sin dalla prima edizione del 1961, anche se nel corso delle revisioni le proporzioni degli ingredienti hanno subito modifiche.

Ricetta IBA ufficiale

Tecnica: Shake and Strain
Bicchiere: Coppetta a cocktail

Ingredienti:

  • 30 ml cognac (brandy se prodotto fuori dalla Francia ndr)
  • 30 ml crema di cacao scura
  • 30 ml crema di latte
  • Noce moscata

Preparazione: Shakerare i tre ingredienti liquidi con ghiaccio, versare in una coppetta a cocktail e completare con una spolverata di noce moscata grattugiata.

Le varianti creative

Oltre alla versione originaria con gin al posto del cognac (ancora apprezzata dagli intenditori, eventualmente con crema di cacao chiara), il repertorio classico include diverse interpretazioni:

Alexander’s Sister

Documentata nel “testo sacro” di Harry Craddock, questa variante sostituisce la crema di cacao con crema di menta. Ricettari successivi la riporteranno come Alexander N. 3.

Variante Veronelli

Negli anni ’60, il leggendario chef Luigi Veronelli propose una versione per palati più secchi, modificando le proporzioni con 2/3 di cognac, 1/3 di crema cacao e 1 cucchiaio di panna.

Interpretazioni contemporanee

L’ultima lista IBA suggerisce sostituzioni innovative come jenever o arrack dello Sri Lanka (tostato e cioccolatoso) al posto del brandy, oltre alla possibilità di servire il cocktail in stile sorbetto o gelato.

Alexander nella cultura popolare

La longevità dell’Alexander si riflette nella sua presenza in opere letterarie e cinematografiche di rilievo.

Letteratura

Nel racconto “Rischio” di Ian Fleming (dalla raccolta “Solo per i tuoi occhi”), il cocktail viene utilizzato come segnale di riconoscimento tra l’informatore CIA Aristotle Kristatos e James Bond a Roma. Fleming, però, non nasconde la sua opinione sul drink, definendolo attraverso Bond una “bevanda cremosa, femminile“.

Cinema

L’Alexander ha attraversato diverse epoche cinematografiche:

  • “White Christmas” (1954): Bing Crosby beve la versione con gin
  • “I giorni del vino e delle rose” (1962): il Brandy Alexander diventa strumento di seduzione alcolica nel film di Blake Edwards con Jack Lemmon e Lee Remick
  • “Two Lovers” (2008): Joaquin Phoenix utilizza il cocktail per conquistare Gwyneth Paltrow nel film di James Gray

Il posto dell’Alexander nella mixology moderna

L’Alexander si inserisce perfettamente nelle tendenze contemporanee della mixology per diverse ragioni:

  • Gradazione contenuta che risponde alla domanda di cocktail meno alcolici
  • Carattere cremoso e avvolgente che soddisfa la ricerca di esperienze sensoriali complete
  • Versatilità interpretativa che permette rivisitazioni creative
  • Storia consolidata che garantisce riconoscibilità presso i consumatori
  • Semplicità di esecuzione che lo rende accessibile anche a bartender meno esperti

La riscoperta di questo classico rappresenta un esempio virtuoso di come la tradizione possa incontrare le esigenze contemporanee, offrendo ai professionisti della mixology uno strumento prezioso per arricchire le proprie proposte con un cocktail dalla personalità distintiva e dalla storia affascinante.

Photo Credit: Nicole Cavazzuti

Leggi l’articolo anche su Horecanews.it

ARTICOLI CORRELATI

Most Popular

Recent Comments