martedì, Ottobre 7, 2025
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News internazionali: trionfo italiano al World Class, crisi export americano e l’astuzia di Churchill

Il panorama internazionale degli spirits e della mixology presenta questa settimana sviluppi che spaziano dal trionfo degli italiani nella competizione più prestigiosa del settore, alle conseguenze economiche dei dazi commerciali, fino a curiosità storiche che raccontano come anche i grandi statisti abbiano dovuto ingegnarsi per non rinunciare ai loro drink preferiti.

Diageo World Class 2025: podio tutto italiano (ma expat)

Il napoletano Felice Capasso si è aggiudicato il titolo di World Class Global Bartender of the Year 2025, come riferisce Drinks International. La prestigiosa competizione ha visto la partecipazione di bartender provenienti da 51 paesi, con Capasso che gareggiava con i colori della Norvegia, paese dove opera da anni a Oslo. Qui ha fondato la Sesto Senso Academy ed è bartender del Nedre Løkka Cocktailbar.

Un trionfo che vale un futuro da ambasciatore

Con questo titolo, Capasso ha conquistato il ruolo di tutor di talenti del settore e un programma di viaggi nei mercati serviti da Diageo nel mondo, con partecipazione a una serie di guest e la guida di corsi di formazione per barman.

A completare il podio, altri due italiani impegnati anch’essi all’estero: Emanuele “Lele” Mensah del Connaught Bar di Londra al secondo posto, e Gabriele Armani del Paradiso di Barcellona al terzo. Un risultato che celebra l’eccellenza italiana nella mixology, ma evidenzia anche come i talenti del settore trovino opportunità principalmente oltre confine.

Guerra dei dazi: il prezzo pagato dagli spirits americani

Come previsto, l’industria degli alcolici degli Stati Uniti sta pagando un prezzo significativo per la guerra dei dazi voluta dal presidente Donald Trump. Come si legge su Global Drinks Intel i dati diffusi dal Distilled Spirits Council (l’associazione dei produttori di distillati USA), nel secondo trimestre dell’anno le esportazioni sono diminuite del 9% a valore, attestandosi a 593,6 milioni di dollari.

Il crollo del mercato canadese

Particolarmente drammatico il dato relativo al Canada, dove è stata lanciata una campagna di boicottaggio degli alcolici statunitensi: le spedizioni sono crollate dell’85% a 9,6 milioni di dollari. Verso l’Unione Europea il calo è stato del 12% a 290,3 milioni di dollari, mentre rallenta anche l’export verso Regno Unito (calo del 29% a 26,9 milioni di dollari) e Giappone (diminuzione del 23% a 21,4 milioni di dollari).

Prospettive cupe per il whiskey americano

Nel suo “Mid-Year Report” sulle spedizioni di alcolici, il Distilled Spirits Council of the United States sottolinea “l’impatto negativo delle tensioni commerciali in corso”, ipotizzando che l’approccio dei consumatori internazionali agli alcolici USA “potrebbe riflettere un sentimento più ampio secondo cui i dazi imposti dagli Stati Uniti sono ingiusti, spingendo i consumatori a sostenere le loro industrie nazionali o a cercare prodotti non statunitensi in alternativa”.

L’associazione di categoria dipinge prospettive particolarmente cupe per il whiskey americano, che sta affrontando “vendite interne stagnanti e livelli di inventario record”, configurando una situazione drammatica per uno dei settori simbolo dell’industria degli spirits statunitensi.

Il Regno Unito in controtendenza

In compenso, riporta ancora Global Drinks Intel, la Food & Drink Federation britannica, nella prima metà del 2025 le esportazioni di whisky dal Regno Unito hanno registrato una crescita modesta ma significativa, con un +1% a valore a 2,5 miliardi di sterline. Ancora più brillante la performance del gin, con un incremento del 17,6% a valore a 298,4 milioni di sterline.

Per entrambe le categorie, gli Stati Uniti sono rimasti una destinazione chiave, nonostante la tariffa del 10% imposta su prodotti alimentari e bevande di provenienza britannica, dimostrando la solidità del mercato UK degli spirits.

Churchill e l’arte di aggirare il Proibizionismo

Una curiosità storica raccontata da The Drinks Business, basata su dettagli rivelati dallo storico Dan Snow, illumina l’ingegnosità con cui anche i grandi statisti affrontarono le restrizioni del Proibizionismo americano.

Nel 1932, un anno prima della fine del Proibizionismo, durante un viaggio negli Stati Uniti per una serie di conferenze, il futuro leggendario primo ministro britannico Winston Churchill si fece redigere un certificato medico che gli prescriveva di consumare alcolici “soprattutto durante i pasti”.

Un incidente provvidenziale

Churchill, di cui era nota la passione per gli alcolici (grande estimatore dello champagne Pol Roger e del whisky Johnnie Walker, si dice che spesso iniziasse e finisse la sua giornata con un bicchiere di whisky & soda), trasformò abilmente un problema in un’opportunità.

Il 13 dicembre 1931 rimase coinvolto in un incidente d’auto a New York e, dopo un ricovero in un ospedale locale, chiese a un medico una nota che gli consentisse di consumare alcol nel Paese per alleviare il dolore.

La scappatoia legale del Proibizionismo

Il Volstead Act del 1920 che istituì il Proibizionismo, infatti, mantenne la possibilità per farmacie e ospedali di vendere alcolici a uso terapeutico dietro presentazione di una ricetta medica, oltre all’utilizzo del vino per scopi sacramentali religiosi.

Nella prescrizione datata 26 gennaio 1932, il dottor Pickhardt indicò in 250 centimetri cubici (250 ml) la quantità minima di spirit che l’illustre paziente avrebbe dovuto assumere, senza aggiungere un limite massimo. Un documento che testimonia come anche durante il Proibizionismo esistessero vie legali per accedere agli alcolici, almeno per chi aveva le conoscenze e i mezzi giusti.

Riflessioni sulle dinamiche del settore

Queste tre storie, apparentemente distanti, offrono uno spaccato significativo delle dinamiche che caratterizzano il mondo degli spirits a livello globale. Il trionfo degli italiani al World Class dimostra l’eccellenza tecnica e creativa della scuola italiana, ma pone interrogativi sulle opportunità professionali nel mercato domestico.

La crisi dell’export americano evidenzia come le decisioni politiche possano avere conseguenze immediate e drammatiche su un settore globale, mentre la crescita britannica dimostra la resilienza di mercati con tradizioni produttive consolidate.

La storia di Churchill ricorda invece come l’alcol abbia sempre rappresentato molto più di una semplice bevanda, incarnando valori culturali, sociali e persino politici che nessuna legislazione può facilmente cancellare.

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