Negli ultimi anni il mercato dei prodotti “no/low alcohol” è letteralmente esploso, creando non poca confusione nei confronti dei consumatori. Proprio per questo la Corte di giustizia dell’Unione europea è tornata a chiarire un aspetto essenziale: ciò che viene chiamato gin deve necessariamente contenere almeno 37,5% di alcol. Senza questa gradazione minima, il termine non può figurare né in etichetta né nella comunicazione del prodotto.
La precisazione si è resa necessaria dopo un contenzioso in Germania, dove il Verband Sozialer Wettbewerb aveva contestato la commercializzazione di una bevanda analcolica battezzata “Virgin Gin Alkoholfrei” prodotta da PB Vi Goods. Secondo quanto raccontato da Beverage Daily, il caso è stato poi rimandato alla Corte Ue per competenza, sfociando nel divieto di utilizzare la parola “gin” per tutti i prodotti che non rispettano i requisiti legali. Un’impostazione che premia la posizione – più prudente – di aziende come Diageo, la quale nei suoi Gordon’s e Tanqueray analcolici non ha mai usato il termine “gin”, preferendo affidarsi alla forza del brand
Giovani e alcol: non un addio, ma un cambiamento di orario
Da anni circolano analisi che attribuiscono alle nuove generazioni un minore consumo di alcol rispetto al passato. Ma i dati più recenti dipingono un quadro diverso: non è tanto una questione di quantità, quanto di momento della giornata scelto per bere.
Il nuovo Cocktail Trends Report pubblicato da Bacardi evidenzia una virata verso il tardo pomeriggio, con un progressivo abbandono delle bevute notturne. Secondo quanto riportato da Global Drinks Intel, cresce il fenomeno dei cosiddetti “daycaps”, cocktail consumati alla fine della giornata lavorativa anziché nelle ore più piccole. In Francia più della metà dei giovani adulti preferisce brindare prima di cena, mentre negli Stati Uniti un terzo degli under 35 privilegia gli incontri sociali anticipati, accompagnati da maggiore attenzione agli ingredienti e alla “trasparenza” delle ricette.
Più che una riduzione del consumo, si tratta di una riprogrammazione delle abitudini sociali. Margarita, Mojito e Piña Colada sono i drink che secondo Bacardi guideranno la domanda globale nel 2026.
Diageo punta sulla sostenibilità: cinque milioni per le torbiere scozzesi
La tutela degli ecosistemi naturali che influenzano la produzione degli spirits diventa sempre più centrale per i grandi player mondiali. Diageo ha annunciato un investimento fino a 5 milioni di sterline nell’arco di cinque anni per recuperare circa 3.000 ettari di torbiere danneggiate in territorio scozzese.
Come ricorda Drinks International, la torba rappresenta un elemento iconico nella produzione di molti scotch whisky, compresi alcuni marchi della stessa Diageo. Il gruppo, però, sottolinea che l’obiettivo del progetto – condotto in collaborazione con Caledonian Climate – va oltre l’interesse diretto del whisky: si tratta di una misura di tutela ambientale volta a rigenerare un habitat fondamentale per la biodiversità e per la cattura del carbonio.
Parallelamente, Diageo continua a testare processi produttivi più efficienti che riducono l’utilizzo di torba per tonnellata di orzo maltato. I primi risultati mostrano già un miglioramento del 5% rispetto alla primavera 2024.
Leggi l’articolo anche su Horecanews.it


