martedì, Novembre 4, 2025
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AB Inbev sfida Heineken, crisi in Borsa per i colossi degli alcolici, e il sakè conquista l’alta ristorazione

Dopo oltre trent’anni di dominio Heineken, la sponsorizzazione della Champions League potrebbe presto cambiare bandiera.
Come riporta Global Drinks Intel, il gruppo belga AB Inbev – il più grande produttore mondiale di birra – è entrato in trattative esclusive con UC3, la joint venture che riunisce Uefa e più di 800 club europei, per ottenere i diritti di partner globale nella categoria birraria per tutte le competizioni maschili per club dal 2027 al 2033 (esclusa la Youth League).

Se l’accordo andasse in porto, AB Inbev subentrerebbe a Heineken, sponsor ufficiale del torneo dal 1994, inizialmente con il marchio Amstel e successivamente, dal 2005, con il proprio nome principale. Heineken aveva rinnovato il contratto fino al 2027, ma l’arrivo del colosso belga potrebbe cambiare lo scenario.

Non sarebbe la prima grande collaborazione sportiva per AB Inbev, che già affianca la Fifa da quasi quarant’anni e sarà protagonista ai Mondiali 2026 in Nord America. Inoltre, il marchio Corona Cero è birra ufficiale delle Olimpiadi fino al 2028, segno di una strategia di marketing globale sempre più focalizzata sui grandi eventi sportivi.

Gli alcolici perdono appeal in Borsa: -830 miliardi di dollari dal 2021

È un momento difficile per i giganti dell’alcol. Secondo i dati diffusi da Bloomberg, negli ultimi quattro anni i principali produttori mondiali di birra, vino e distillati hanno visto evaporare circa 830 miliardi di dollari di capitalizzazione. L’indice di settore è oggi inferiore del 46% rispetto ai massimi del 2021.

Tra le aziende più colpite figurano Diageo, Pernod Ricard e Rémy Cointreau, che hanno toccato i livelli di Borsa più bassi dell’ultimo decennio. Non va meglio oltre oceano, dove Brown-Forman e Treasury Wine Estates registrano perdite analoghe, mentre in Cina Kweichow Moutai è crollata di oltre il 40% rispetto ai picchi di quattro anni fa.

Come evidenzia The Drinks Business, le cause sono molteplici: dal crescente orientamento verso uno stile di vita salutista e “zero alcol”, all’aumento dei costi e dei tassi d’interesse, fino ai dazi e alle tensioni geopolitiche.
Le nuove generazioni, in particolare Millennial e Gen Z, sembrano sempre più distanti dal consumo tradizionale di alcol, complice anche l’influenza di celebrità astemie come Tom Holland e Katy Perry.

In risposta, i grandi gruppi stanno avviando un rinnovamento manageriale e investendo nei prodotti analcolici o low-alcohol. Negli ultimi dodici mesi hanno cambiato CEO colossi come Diageo, Rémy Cointreau, Campari, Treasury Wine Estates, Molson Coors e Suntory, mentre Kweichow Moutai ha visto alternarsi due presidenti in appena due anni.

Il sakè oltre il Giappone: esportazioni in crescita e successo nelle cucine stellate

Una volta relegato ai ristoranti nipponici, oggi il sakè è diventato protagonista anche nei menù dei ristoranti d’alta cucina occidentali.
Come racconta The Drinks Business, la Japan Sake and Shochu Makers Association (JSS) ha stretto una collaborazione con l’Associazione Internazionale dei Sommelier (ASI) per diffondere la cultura del sakè tra professionisti e appassionati di vino in tutto il mondo.

I risultati si vedono: l’export giapponese è cresciuto dell’80% in cinque anni, trainato soprattutto dalle vendite in Nord America e Cina.
Per Reeze Choi, miglior sommelier dell’area Asia-Pacifico 2025, il sakè offre “una versatilità unica negli abbinamenti gastronomici, capace di dialogare con cucine di ogni continente”.

Dalla Francia al Regno Unito, passando per Singapore e Hong Kong, numerosi ristoranti stellati hanno ormai inserito il sakè nelle proprie carte, simbolo di una nuova apertura culturale e di una crescente curiosità verso le tradizioni giapponesi.

Conclusioni

Tra acquisizioni strategiche, ristrutturazioni e nuove tendenze, il mondo del beverage sta attraversando una trasformazione profonda. I grandi marchi cercano nuove strade per restare rilevanti in un mercato che cambia rapidamente, mentre il sakè dimostra che la diversità culturale e la qualità artigianale possono ancora dettare le mode globali.

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