venerdì, Settembre 19, 2025
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Whiskey Sour: anatomia di un classico che attraversa i secoli

Nel panorama dei cocktail classici, il Whiskey Sour occupa una posizione di assoluto rilievo, definito dal Difford’s Guide come “un classico che non è mai stato di moda e quindi non è mai passato di moda”. Questa caratteristica di perenne attualità lo rende perfetto per ogni situazione e stagione, dall’estate all’inverno, confermandosi come uno dei drink più riconoscibili e apprezzati della mixology mondiale.

Le radici storiche: dai Punch ai Sour

Prima che il termine “cocktail” entrasse nel vocabolario comune, l’espressione “drink miscelato” corrispondeva sostanzialmente al Punch, una combinazione di distillato, acqua, limone e zucchero. I cocktail Sour, che si diffusero attorno al 1860, rappresentano l’evoluzione naturale dei punch ma in scala ridotta, mantenendo l’equilibrio fondamentale tra dolce, aspro e alcolico.

Jerry Thomas li menziona nel suo celebre “The Bartender’s Guide” del 1862, sancendo il loro ingresso ufficiale nella letteratura bartending. Il Whiskey Sour, data la popolarità di questo distillato negli Stati Uniti, si impose naturalmente come il “re dei Sour”.

La prima documentazione ufficiale

La prima menzione documentata del Whiskey Sour risale al 1869, nel mensile californiano The Overland Monthly – vol. 2. Nello stesso periodo iniziarono a diffondersi anche diverse varianti storiche del cocktail, testimoniando la rapida popolarità acquisita dal drink.

La ricetta compare in numerosi ricettari ottocenteschi, anche se gli ingredienti base rimangono costanti: whiskey (con la “e”, secondo la prassi statunitense e irlandese), limone e zucchero. Le proporzioni potevano variare in base alle preferenze del bartender per drink più dolci e morbidi, talvolta con l’aggiunta di una spruzzata di selz per favorire lo scioglimento dello zucchero, come suggeriva il grande Harry Johnson.

L’innovazione europea: l’albume

Alla fine dell’Ottocento la popolarità del Whiskey Sour si era estesa all’Europa. Nel 1922, a Londra, Robert Vermiere (belga trapiantato nel Regno Unito) pubblicò nel suo “Cocktails. How to mix them” la prima ricetta con l’aggiunta di albume, ottenendo un cocktail dalla texture più vellutata e cremosa.

Da allora, il bianco d’uovo è diventato un optional comunemente indicato e accettato in tutti i Sour, rappresentando un’evoluzione tecnica che ha arricchito le possibilità espressive del cocktail.

Il riconoscimento ufficiale IBA

Nonostante la sua storicità, il Whiskey Sour è entrato nella lista ufficiale dei cocktail dell’International Bartenders Association (IBA) solo con la terza codifica, nel 1993. Questo ritardo potrebbe essere attribuito a un certo calo di popolarità negli anni precedenti, ma da allora il cocktail non è mai uscito dalla classificazione ufficiale, trovando oggi collocazione nella prestigiosa categoria Unforgettables.

Ricetta IBA ufficiale

Tecnica: Shake and Strain

Bicchiere: Old Fashioned se servito on the rocks, altrimenti Cobbler (comunemente utilizzata anche la coppetta a cocktail)

Ingredienti

  • 45 ml bourbon whiskey
  • 25 ml succo di limone fresco
  • 20 ml sciroppo di zucchero
  • 20 ml albume d’uovo (facoltativo)

Garnish: ciliegia al maraschino oppure scorza d’arancia

Preparazione: Nello shaker con ghiaccio, se si utilizza l’albume scuotere più energicamente per favorire la formazione della schiuma.

Le varianti principali

New York Sour

La variante più celebre del Whiskey Sour è il New York Sour, che si è guadagnato un posto nella lista ufficiale IBA dal 2020, nella categoria New Era Drinks. Nato probabilmente tra il 1870 e il 1880 a Chicago, consiste sostanzialmente in un Whiskey Sour con l’aggiunta di un float di vino rosso.

Conosciuto inizialmente come Claret Snap, Continental Sour o Southern Whiskey Sour, acquisì la denominazione New York Sour probabilmente per la popolarità conquistata nella Big Apple.

Ricetta IBA attuale:

  • 60 ml rye whiskey o bourbon
  • 22,5 ml sciroppo di zucchero
  • 30 ml succo fresco di limone
  • Gocce di albume pastorizzato
  • 15 ml vino rosso

Preparato con dry shake seguito da shakerata con ghiaccio, servito in bicchiere Old Fashioned con ghiaccio e guarnito con scorza o fettina d’arancia e ciliegina.

Altre varianti storiche

  • Boston Sour: versione con albume (denominazione storica)
  • Scotch Sour: con scotch whisky al posto del bourbon

La famiglia dei Sour

Cambiando il distillato di base si ottengono altri cocktail della famiglia Sour:

  • Gin Sour, Vodka Sour, Pisco Sour
  • Daiquiri (con rum)
  • Kamikaze (con vodka e Cointreau)
  • Margarita (con tequila e triple sec)

Presenza cinematografica

Il Whiskey Sour ha attraversato anche il grande schermo con diverse apparizioni significative:

1972: Jack Lemmon lo beve in “Che cosa è successo tra mio padre e tua madre?” (titolo inglese “Avanti!”), commedia sentimentale di Billy Wilder ambientata e girata interamente in Italia.

1955: Citazione in “Quando la moglie è in vacanza”, quando Tom Ewell dice a Marilyn Monroe: “Signorina Morris, sono perfettamente in grado di prepararmi la colazione da solo. Infatti, questa mattina ho mangiato un panino al burro di arachidi e due Whiskey Sour”.

2022: Il cocktail ha ispirato il titolo di una produzione indipendente diretta da Christopher Selby, un dramma che vede il nostro cocktail come protagonista già dalla locandina. Se volete vederlo gratuitamente in streaming (in inglese), cliccate qui.

L’eredità contemporanea

Il Whiskey Sour rappresenta un perfetto esempio di come un cocktail classico possa mantenere la propria rilevanza attraverso i decenni, adattandosi alle evoluzioni tecniche e gustative senza perdere la propria identità fondamentale. La sua semplicità apparente nasconde un equilibrio complesso che richiede ingredienti di qualità e tecnica precisa, caratteristiche che lo rendono un banco di prova ideale per ogni bartender.

La capacità di questo cocktail di attraversare mode e tendenze, rimanendo sempre attuale e apprezzato, testimonia la solidità della sua costruzione e l’universalità del suo appeal gustativo, confermandolo come uno dei pilastri insostituibili della mixology classica.

Foto di Nicole Cavazzuti
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