Alla scoperta dello Zombie: storia, curiosità, abbinamenti
Creato dal mitico Donn Beach, l’inventore della cultura tiki e dei drink in stile polinesiano, lo Zombie era passato di moda. Ma oggi sta vivendo un ritorno di popolarità, sull’onda proprio della riscoperta del tiki.
LA STORIA DI DON THE BEACHCOMBER
Era il 1933 quando Ernest Raymond Gantt, dopo anni in giro per mezzo mondo lavorando sulle navi, aprì a Hollywood un bar chiamato Don’s Beachcomber. Per chi non lo ricordasse, all’epoca gli Stati Uniti uscivano dal Proibizionismo e l’economia del Paese era a pezzi. Lo stesso Gantt aveva a disposizione poche risorse e per questo decise di allestire il locale con arredi di scarto dei cantieri navali e con qualche avanzo di set cinematografici, oltre che con alcuni “souvenir” raccolti nel corso delle sue navigazioni, così da creare un’ambientazione ispirata ai Caraibi. L’anno successivo il locale si trasferì in una sede più grande, diventò Don The Beachcomber e si trasformò anche in ristorante, puntando ancora di più sull’ambientazione in stile polinesiano, in un momento in cui molti americani sognavano di viaggiare in quelle terre esotiche raccontate da quei fortunati che, potendoselo permettere, avevano frequentato assiduamente i Caraibi (e i loro bar) negli anni del Proibizionismo (fra il 1920 e il 1933). Non a caso, uno degli slogan del locale era: “Se non puoi andare in paradiso, te lo porto io!“. In linea con arredi, decorazioni e cimeli di viaggio, anche la drink list: Gantt, ormai diventato per tutti Donn Beach (nome che ottenne anche legalmente qualche anno più tardi), creò infatti una serie di originali cocktail a base soprattutto di rum, il distillato caraibico per eccellenza, serviti in bicchieri dalle forme e dai colori più stravaganti (oggi detti tiki mug).
LO ZOMBIE
Fra i drink più apprezzati vi fu proprio lo Zombie, miscela dalla ricetta complessa (come quasi tutte le creazioni di Donn Beach) con ben tre tipi di rum, lime, Falernum, Donn’s Mix, granatina, angostura e Pernod. Non proprio “leggero”, dal punto di vista alcolico, tanto che, a un certo punto, il suo stesso creatore avrebbe imposto la regola di non servirne più di due a persona in una serata.
LA PRESUNTA DIATRIBA SUL PADRE DELLO ZOMBIE
Non ci sono dubbi sul fatto che Don The Beachcomber sia il padre dello Zombi, ma altri personaggi rivendicarono la paternità del drink, suscitando le sue ire. Uno su tutti: Monte Proser, imprenditore newyorkese che nel 1939 all’interno della Fiera Mondiale di New York aprì un bar, il Monte Proser’s Zombie, in cui serviva una sua versione dello Zombie, attribuendosene l’invenzione. Che si trattasse di un emulatore è confermato dal fatto che, a partire dal 1940, lo stesso imprenditore aprì in diverse città degli Usa una serie di locali chiamati Monte Proser’s Beachcomber…
L’ORIGINE DEL NOME ZOMBIE
Di certo il nome si riferisce alla potenza del drink. Meno sicura è la teoria che Donn Beach abbia realizzato per la prima volta questo cocktail nel 1934 per aiutare un cliente a smaltire i postumi di una sbornia. Un “aiutino” apprezzato, se è vero che l’uomo – stando al racconto – ne avrebbe trangugiati ben tre bicchieri prima di tornare a casa. Tornando al Don The Beachcomber qualche giorno dopo, il cliente avrebbe poi raccontato di essersi sentito come uno zombie per diverse ore. Sarebbe per questo che Donn Beach avrebbe deciso di chiamare Zombie il nuovo drink.
LA RICETTA IBA
Nonostante la lunga storia, per molti anni la popolarità dello Zombie rimase confinata agli Stati Uniti e solo in epoca relativamente recente si è realmente diffuso anche nel resto del mondo. È per questa ragione, probabilmente, che l’International Bartenders Association (Iba) ne ha codificato ufficialmente la ricetta solo nel 2020.
Tecnica: Blend
Bicchiere: Tumbler
Ingredienti:
45 ml rum giamaicano scuro
45 ml rum di Porto Rico ambrato
30 ml rum Demerara
20 ml succo fresco di lime
15 ml Falernum
15 ml Donn’s Mix (2 parti di succo di pompelmo giallo o rosa e 1 parte di sciroppo di cannella)
1 bar spoon sciroppo di granatina
1 goccia Angostura
6 gocce Pernod
170 gr ghiaccio tritato
Garnish: germoglio di menta
LE VARIANTI
Con tanti ingredienti, le possibilità di personalizzare lo Zombie sono quasi infinite. E infatti, fra i “tips” contenuti nell’ultima edizione della lista ufficiale Iba si suggerisce -per esempio- di provare a sostituire il rum con arrack, cachaça, grappa, calvados oppure con un rhum arrangé. Un’altra dritta? Usare un ginger liqueur o un apple pie syrup al posto del Falernum. E ancora: provate a sostituire il Pernod con della sambuca oppure del genepy.
LO ZOMBIE AL CINEMA
Il famosissimo film “Colazione da Tiffany” del 1961 viene spesso menzionato dagli appassionati di mixology per le citazioni del White Angel, il drink prediletto dell’elegante protagonista Holly Golightly, interpretata da Audrey Hepburn. Eppure, la stessa Hepburn, nella scena del party, sorseggia invece proprio uno Zombie. Il drink viene anche menzionato, ma senza apparire, in “Ho camminato con uno zombi”, film horror americano del 1943 nel quale, quando la protagonista Betsy Connell chiede “che cos’è uno zombie?”, il dottor Maxwell le risponde: “Un fantasma. Un morto vivente. È anche un drink”.
ZOMBIE E FOOD PAIRING
Le note forti, dolci e complesse dello Zombie si abbinano a diversi tipi di piatti: dalla carne grigliata agli spiedini di pesce fino alla cucina indiana.
Testo a cura di Nicole Cavazzuti e Stefano Fossati
Foto: Nicole Cavazzuti
Fonte: Horecanews.it